3 ottobre 2012

World Invasion: Born in the USA (scusa Boss) [Recensione]


Ricetta:  prendete Black Hawk Down, amalgamatelo ben bene con La guerra dei mondi, aggiungete due bei cucchiai abbondanti di retorica di Pearl Harbor. Versate un bicchiere di riprese stile morbo di Parkinson della trilogia di Bourne e mettete tutto nel lettore DVD (mai al cinema, mi raccomando) e lasciatelo cuocere per due ore. Avrete World Invasion.
Invasione di alieni cattivissimi che si ritrovano tra le loro palle aliene militari tutta patria e testosterone che li combattono (dire altro della trama è impossibile, non c’è ne).
Premettendo che il film, alla fin fine (ma molto alla fine) è comunque godibile, bisogna essere onesti e capire che ci si ritrova davanti ad una serie di belle banalità messe in fila e incollate assieme. Per carità, diciamo ben girato, begli effetti, ritmo delle scene d’azione costruite come si deve, ma tutto di maniera. La sceneggiatura deve essere stata scritta da qualche veterano della seconda guerra mondiale durante la guerra fredda: i profondi dialoghi spaziano dall’eroico al retorico, scivolando nel patetico fino a farti rizzare i pelli delle braccia dall’imbarazzo, ma non per te che li stai guardando, ma per loro che li hanno fatti.
Il personaggio principale è il solito sergente traumatizzato, interpretato da un Aaron Eckart simile a un blocco di granito, che ha perso gli uomini in battaglia e ritrova (ma guarda un po’!) la fiducia dei suoi commilitoni dopo aver sfondato a suon di bombe gli alieni. 
Espressione multifunzione: Eckart ride, Eckart piange, Eckart pensa, ecc..
Il picco massimo di espressività: sconvolgersi di essere in questo film
Michelle Rodriguez che interpreti sempre ruoli da maschiaccio, qui non è da meno. I rapporti tra i personaggi sono imbastiti a filo doppio con retorica fascistoide e sussulti omosessuali. La tragedia dell’ 11/11/01 si è fatta sentire anche nel cinema, ma con fedeltà all’industria hollywoodiana che abusa di ogni cosa, gli americani sono riusciti a banalizzare anche il significato di un dramma come quello delle torri gemelle: i nostri soldatini, colpiti, frustrati, trovano sempre la forza di urlare «semper fidelis» (il motto dei marines), si spalleggiano macisticamente e lottano per il loro paese chi, dal cielo, li attacca. Ma per favore!!! Ma eccola lì la bomba atomica della retorica! Sganciata così, giusto per, nel finale e ti blocca con un espressione tra l’incredulo e il disgustato sulla faccia: rientrati faticosamente dopo due ore di film alla base militare, ai nostri eroi gli viene detto di riposarsi e di mangiare (cosa che in effetti , dopo aver masticato calcinacci tutto il tempo, ci sta pure), ma no! Ti pare? E so militari patrioti loro! Quelli si riarmano, si sparano una o due pose da figoni ed esclamano «abbiamo già mangiato» e ritornano nella battaglia mentre la musica epica (bellissima la colonna sonora di Tyler, per inciso) li accompagna. Sia chiaro, non c’è nulla di male in un po’ di patriottismo, ma non quando diventa la misura per ogni sillaba e scena del film.
La carrellata di personaggi banali non finisce mica qui, signori e signori, li abbiamo di tutti i tipi. Serve una dottoressa intelligente che aiuta il nostro sergente e ci prova pure un po’ (trauma da alieno)? C’è l’abbiamo! Ma forse forse cercate dei bambini che piangono e che se la vanno a cercare in tutte le maniere mettendo in pericolo tutti? Non ci manca niente! Se serve un civile che fa uno stupido e inutile atto di eroismo abbracciando un fucile e finisce zampe all’aria… Lo trovate in fondo a destra sullo scaffale!
Insomma, sceneggiatura e personaggi messi da parte, concludiamo col dire che questo povero film parte male e finisce peggio. Fa il suo dovere e ti fa vedere esplosioni e mazzate, ma si perde continuamente dietro le pieghe dell’eroismo patriottico, ma non tanto da impedirti di godere della caduta degli alieni scommazzati a furia di bombe nel… Razzo!

Eh, beh...


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